San Giuseppe, vero modello di Padre

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Nomina sunt substantia rerum.
La parola italiana “padre” deriva dal latino “pater”, che a sua volta deriva dal termine sanscrito “pati” che significa “recinto di protezione“. “Padre” quindi deriva da “recinto”, in quanto il padre è colui che protegge.
Egli pone anzitutto un limite, un argine, un confine oltre il quale non si può andare. Tutto ciò non va visto come una costrizione, un impedimento che ci opprime o che, peggio ancora, ci priva della nostra libertà, ma come quelle mura di protezione robuste, sicure, solide, affidabili, che ci difendono e ci proteggono dalle minacce e dagli attacchi che provengono dall’esterno. E’ un argine finalizzato al nostro bene, perché al di là di esso potremmo imbatterci da soli nei pericoli del mondo. Il padre, quindi, è l’autorità che stabilisce i no, le regole da rispettare per non rischiare di valicare il limite di ciò che è lecito, buono e giusto. Quelle regole sono volte al nostro bene, perché ci preservano dai pericoli assicurati. Come prima, la regola non è una privazione della nostra libertà, anzi ne è il suo pieno compimento, perché garantisce l’ordine nel creato e l’armonia nella nostra vita.
Ma un recinto di protezione è anche tutto ciò contro cui si abbattono i colpi dei nemici scagliati dall’esterno pur di non danneggiare quanto di prezioso è custodito al suo interno.
Il padre, dunque, è la cinta muraria che sa sacrificarsi per la sua famiglia, che sa soffrire, che sa combattere, che sa dare la sua vita, che è pronto a incassare i colpi provenienti dall’esterno, pur di preservare indenni la sua regina e i suoi figli. Se infatti la madre insegna ai propri figli come vivere, il padre insegna loro come morire.Continua a leggere…

In morte di Stefano Rodotà

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di Massimo Micaletti – Da Radio Spada

Leggo gente che commemora Rodotà.

Un’intelligenza piegata all’ideologia, una ricerca nemica del vero, un pensiero nemico dell’uomo.

E’ morto Stefano Rodotà: inizia immediatamente il processo di canonizzazione laica, che avrà i suoi riti, i suoi sacerdoti, le sue preci e invocazioni.

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REGGIO EMILIA, GAY PRIDE. CENTINAIA ALLA PREGHIERA DI RIPARAZIONE.

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Oggi a Reggio Emilia si è svolta la processione di riparazione per il Gay Pride previsto nella città (ndr. noi di “Risposte Cattoliche” eravamo presenti). Diverse centinaia di fedeli sono sfilati da piazza Duca d’Aosta fino a via Garibaldi, per inginocchiarsi poi davanti alla Basilica della Ghiara. La processione era guidata da don Luigi Moncalero di Treviso, affiancato da altri quattro sacerdoti e sei ministranti del culto, che indossavano cotta e talare. “La nostra non è una manifestazione contro il Gay Pride, – ha detto il sacerdote – ma una preghiera che vuole riparare il peccato pubblico: dal punto di vista morale l’omosessualità è un disordine fortemente fustigato dalle sacre scritture. Esaltare l’omosessualità significa non soltanto contraddire la Bibbia che dice ‘maschio e femmina Dio li creò’, ma invertire l’ordine naturale della natura”.

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Teologi modernisti a carte scoperte: Amoris Laetitia contro Veritatis Splendor – di La nuova bussola quotidiana

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Dopo il convegno “A un anno da Amoris laetitia. Fare chiarezza”, organizzato a Roma da La Nuova Bussola Quotidiana e dal mensile di apologetica Il Timone, c’è un fatto nuovo e interessante che si inserisce nel dibattito posto dai dubia che quattro cardinali hanno rivolto al pontefice sulle parti ritenute ambigue dell’esortazione apostolica. Un fatto e una domanda. Che meritano di essere conosciuti.

Il fatto è che l’enciclica di san Giovanni Paolo II Veritatis splendor sarebbe la grande imputata per aver bloccato la teologia morale cattolica (e quindi tutta una serie di questioni legate alla sessualità, alla contraccezione, etc.), dietro a una visione ritenuta unilaterale. Il problema, secondo Stephan Goertz e Antonio Autiero, i curatori del libro presentato giovedì scorso alla Gregoriana, è dato dall’idea «complessiva che con Familiaris consortio e Veritatis splendor sia stata codificata una dottrina completamente inattaccabile dal punto di vista della teologia morale, una dottrina che si basa solidamente sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, una dottrina non più bisognosa di ulteriori sviluppi, ha portato a dei blocchi di pensiero e di azione nella chiesa cattolica. Con Amoris laetitia, papa Francesco si propone di offrire uno spunto a continuare nella ricerca, anche in questo campo».Continua a leggere…

San Giuseppe, vero modello di Padre

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Nomina sunt substantia rerum.
La parola italiana “padre” deriva dal latino “pater”, che a sua volta deriva dal termine sanscrito “pati” che significa “recinto di protezione“. “Padre” quindi deriva da “recinto”, in quanto il padre è colui che protegge.
Egli pone anzitutto un limite, un argine, un confine oltre il quale non si può andare. Tutto ciò non va visto come una costrizione, un impedimento che ci opprime o che, peggio ancora, ci priva della nostra libertà, ma come quelle mura di protezione robuste, sicure, solide, affidabili, che ci difendono e ci proteggono dalle minacce e dagli attacchi che provengono dall’esterno. E’ un argine finalizzato al nostro bene, perché al di là di esso potremmo imbatterci da soli nei pericoli del mondo. Il padre, quindi, è l’autorità che stabilisce i no, le regole da rispettare per non rischiare di valicare il limite di ciò che è lecito, buono e giusto. Quelle regole sono volte al nostro bene, perché ci preservano dai pericoli assicurati. Come prima, la regola non è una privazione della nostra libertà, anzi ne è il suo pieno compimento, perché garantisce l’ordine nel creato e l’armonia nella nostra vita.
Ma un recinto di protezione è anche tutto ciò contro cui si abbattono i colpi dei nemici scagliati dall’esterno pur di non danneggiare quanto di prezioso è custodito al suo interno.
Il padre, dunque, è la cinta muraria che sa sacrificarsi per la sua famiglia, che sa soffrire, che sa combattere, che sa dare la sua vita, che è pronto a incassare i colpi provenienti dall’esterno, pur di preservare indenni la sua regina e i suoi figli. Se infatti la madre insegna ai propri figli come vivere, il padre insegna loro come morire.Continua a leggere…

Alla famiglia serve più la fede che i soldi dello stato – di Alessandro Gnocchi

la famiglia ha veramente bisogno innanzitutto di soldi dello stato?.. Non sarà che in questa società opulenta non ci si sposa più, non si fanno più figli e non si sta più insieme per sempre perché non si crede più in niente? Non sarà che la famiglia ha bisogno di princìpi in cui credere e da incarnare per riuscire a guardare avanti con generosità? Non sarà che si è troppo concentrati sul proprio ombelico per guardare negli occhi il prossimo e per ricordarsi di Dio?

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Commento alle Letture 18/09/2016 – Usura e rapporto con le ricchezze del mondo

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I nostri grandi statisti e affaristi, non sono riusciti a salvarci da nessuna delle ormai numerose crisi economiche che hanno sommerso nel dolore tantissime famiglie. Anzi, non si sa nemmeno se siano state causate volontariamente o meno. Queste crisi sono la conseguenza diretta del nostro peccato. E allora come si può fare se viviamo in questa società? Fratelli, non vi dico di non vivere nel mondo. Vi dico, però, che la vostra vera ricchezza sono i vostri figli, la vostra famiglia, i vostri veri amici, non il vostro conto in banca. Voi siete nel mondo ma non siate del mondo. Se il mondo approva certe cose o commette certi peccati, noi restiamo di Dio.Continua a leggere…

Haeresis Laetitia

L’8 Aprile è uscita la tanto attesa esortazione di Bergoglio sulla famiglia. Un testo rivoluzionario dicono alcuni, come il cardinal Kasper o monsignor Galantino. Non vale niente, dicono altri, come Burke, nel tentativo di rabberciare le falle alla barca che si è appena schiantata contro l’iceberg. Un testo eretico, dicono senza mezzi termini altri. L’esortazione è lunghissima quindi non potremo esaurirne il commento in un solo articolo, ci limitiamo qua ad alcune brevi considerazioni generali.

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