Pillole di Catechismo – La Sacra Scrittura

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Che cos’è la Sacra Scrittura? Come si interpreta la Parola di Dio? Chi ha l’autorità per interpretarla? Che cosa insegna in merito la Chiesa? Ecco una sintesi commentata del magistero nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Che possa servire come strumento utile di informazione, apologetica e condivisione delle verità della fede.

  • Dio ci ha parlato con parole umane. La Parola di Dio si fece simile ad un linguaggio umano così come il Figlio di Dio si fece simile agli uomini. Dio ci ama e ci ha creato per Lui, perché potessimo con Lui relazionarci. Egli per noi si è fatto uomo visibile[1], si è fatto a noi prossimo. Pertanto, non dobbiamo pensare che Dio sia incomunicabile, al punto da rendere impossibile ogni discorso su di Lui, o ogni comprensione di Lui[2].
  • Come scrive S. Agostino nelle Esposizioni sui Salmi (CIII, IV, 1), la Parola di Dio è l’unico Verbo di Dio fuori dal tempo, che non conosce sillabazione. La Bibbia è un unico Verbo eterno, che, “a motivo della nostra debolezza”, si abbassò ad essere articolato nelle nostre parole umane nella Scrittura, secondo il medesimo principio di abbassamento (kenosis) che lo portò ad assumere la nostra natura umana.
  • Per questo la Chiesa venera la Sacra Scrittura, come venera il Corpo del Signore. Il Pane della Vita, che è Gesù, viene donato ai fedeli nella mensa della Parola e del Corpo di Cristo. Riceviamo il Signore nella Messa attraverso l’ascolto della sua Parola; e con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità nell’Eucarestia.
  • Nella Parola di Dio il Padre viene incontro alla sua Chiesa e le dona nutrimento e vigore. In essa il Padre entra in amorevole dialogo con i suoi figli.

  • L’autore della Scrittura è Dio: le cose rivelate nella Scrittura sono state consegnate agli autori sacri mediante l’ispirazione dello Spirito Santo. Tutti i libri sia dell’Antico che del Nuovo Testamento sono divinamente ispirati.
  • Per donarci la Bibbia, Dio si è servito di autori umani ai quali ha lasciato il pieno possesso delle loro facoltà e capacità, in modo che essi stessi fossero i veri autori della Scrittura, pur scrivendo “soltanto ciò che Egli voleva”. Gli autori della Scrittura, divinamente ispirati, pur mantenendo la loro volontà e la loro ragione, secondo il proprio particolare intendimento, hanno scritto solamente ciò che Dio voleva. Secondo la Chiesa la Bibbia non è stata dettata parola per parola da Dio, e può essere pertanto tradotta nelle varie lingue del mondo, senza con ciò perdere il suo significato autentico o la sua ispirazione divina.
  • I libri sacri insegnano la verità: lo Spirito Santo in essi insegna fermamente, fedelmente e senza errore, tutta la verità che Dio volle consegnare a noi per la nostra salvezza.
  • La fede cristiana non è, tuttavia, una religione del libro, ma la religione del Verbo di Dio, della Parola di Dio, che non è “scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente”[3]. È Cristo stesso a spiegarci il senso delle Scritture, svelandocene l’interpretazione per mezzo dello Spirito Santo. La sola lettera[4] non basterebbe.
  • Quindi, per comprendere la Scrittura bisogna ricercare che cosa gli agiografi abbiano realmente voluto dire e che cosa Dio volesse manifestare con le loro parole. Nel ricercare l’intenzione degli autori è necessario tenere conto delle condizioni del loro tempo e della loro cultura, dei “generi letterari” allora in uso e dei modi di esprimersi della loro cultura. La verità viene espressa diversamente a seconda della natura dei testi, che può essere poetica, storica, profetica, o altro.
  • Il criterio necessario per interpretare correttamente la Scrittura è la lettura mediante lo Spirito Santo, che ispirò gli stessi autori sacri.
  • La Chiesa nel Concilio Vaticano II indica tre criteri fondamentali per un’interpretazione che sia conforme allo Spirito Santo che l’ha ispirata:
  • Prestare attenzione al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura: sebbene siano differenti i libri che la compongono, essa è una, in forza dell’unità del disegno di Dio, del quale Gesù Cristo è il centro. In questo senso, pertanto, scrive S. Tommaso, solo il dischiudersi del cuore di Cristo nella passione dischiude anche il vero senso della Scrittura: “la Scrittura è stata aperta dopo la passione, affinché coloro che ormai ne hanno l’intelligenza considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate”[5].
  • Leggere la Scrittura nella Tradizione vivente di tutta la Chiesa. Secondo un detto dei Padri: “la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali”[6].
  • Essere attenti all’analogia della fede: la coesione delle verità di fede tra loro e nella totalità del progetto della Rivelazione. Ciò significa che non potendovi essere contraddizione tra quanto viene affermato in un testo Biblico e quanto viene affermato in un altro, mediante l’accostamento di due testi paralleli è possibile ricavare il significato autentico, più giusto e coerente.

  • Secondo la tradizione vi sono quattro sensi interpretativi della Scrittura che devono concordare per una lettura autentica: il senso letterale e quello spirituale, a sua volta suddiviso in allegorico, morale e anagogico.
  • Il senso letterale: quello del significato delle parole della Scrittura, trovato mediante l’esegesi e che segue le regole della retta interpretazione. Dice S. Tommaso nella Summa “Omnes Sacrae Scripturae sensus fundentur super unum, scilicet litteralem – tutti i sensi della Sacra Scrittura si basano su quello letterale” (I, q. 1, a. 10, ad 1).
  • Il senso spirituale: il testo della scrittura, le realtà e gli avvenimenti di cui parla possono essere dei segni.
  1. Senso allegorico: Possiamo giungere ad una più perfetta comprensione degli avvenimenti se riconosciamo il loro pieno significato in quanto segni allegorici di Cristo. Ad esempio nell’evento della traversata del Mar Rosso riconosciamo il segno della salvezza portata da Cristo e dell’ingresso nella vita della Chiesa col sacramento Battesimo[7].
  2. Senso morale (o tropologico): gli eventi narrati dalla Scrittura ci possono condurre ad agire rettamente, sono stati scritti “per ammonimento nostro” (1 Cor 10,11).
  3. Senso anagogico: a partire da certe realtà e da certi avvenimenti della Scrittura possiamo giungere al loro significato eterno. Il termine medievale è tratto dal greco: prima identificava il processo induttivo aristotelico mediante il quale dalla realtà particolare si risaliva induttivamente agli universali, nella patristica indica invece il modo in cui dalle realtà della storia della salvezza si può risalire alle verità sulla vita eterna che verrà. La Chiesa è così segno della Gerusalemme celeste che verrà.
  • Un distico medievale riassume i quattro sensi in questo modo: “La lettera insegna i fatti, l’allegoria che cosa credere, il senso morale che cosa fare, e l’anagogia dove tendere[8].
  • Gli esegeti contribuiscono alla comprensione del senso della Sacra Scrittura tenendo conto di tutti questi principi affinché possa maturare il giudizio della Chiesa. Ad esso soltanto è sottoposto in ultima istanza ogni modo di interpretare la Scrittura. Dice S. Agostino: “Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa cattolica[9]. È vero che è lo Spirito Santo che suscita in noi la retta interpretazione del testo, tuttavia, come dice l’apostolo Pietro: “nessuna scrittura profetica sia soggetta a privata spiegazione” (2 Pt 1,10). Ciò significa che per discernere se abbiamo inteso bene il significato del testo, per grazia dello Spirito, dobbiamo sempre sottomettere il nostro giudizio all’interpretazione del Magistero della Chiesa[10].

  • La Tradizione apostolica ha permesso alla Chiesa di discernere quali scritti dovessero essere compresi nell’elenco dei Libri Sacri. L’elenco completo è chiamato Canone delle Scritture. Esso comprende per l’Antico Testamento 46 libri, mentre per il Nuovo Testamento 27, per un totale di 73 libri[11].
  • L’Antico Testamento è parte ineliminabile della Sacra Scrittura, i suoi libri conservano un valore perenne. L’Antica Alleanza non è stata abolita, essa trova il suo compimento nella Nuova[12].
  • L’economia dei libri dell’AT era soprattutto di ordinare e preparare la venuta del Cristo, esprimono “un vivo senso di Dio, una sapienza salutare per la vita dell’uomo e mirabili tesori di preghiere”, in essi “è nascosto il mistero della nostra salvezza”[13].
  • La Chiesa rinnega energicamente letture che rifiutino l’Antico Testamento sulla base del pretesto che il Nuovo lo avrebbe reso sorpassato, come l’eresia di Marcione[14].

  • Il Nuovo Testamento manifesta la potenza divina per la salvezza di chiunque crede in modo eminente, insegnandoci la verità definitiva della Rivelazione. I suoi oggetti centrali sono Gesù Cristo Figlio di Dio incarnato, la sua vita, le opere, gli insegnamenti, la passione, la glorificazione e gli inizi della Chiesa sotto l’azione dello Spirito Santo.
  • Il Vangelo quadriforme occupa nella Chiesa un posto unico. I Vangeli sono la testimonianza principale relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato.
  • Il loro sviluppo segue 3 fasi principali:
  • La vita e l’Insegnamento di Gesù: la Chiesa afferma senza esitazione la storicità dei quattro Vangeli che insegnano fedelmente quanto Gesù effettivamente nella sua vita operò e insegnò fino alla sua ascensione.
  • La tradizione orale: gli Apostoli trasmisero oralmente ai loro ascoltatori ciò che Gesù aveva detto e fatto, illuminati dalla luce Spirito Santo e ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo.
  • I Vangeli scritti: gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce o già per iscritto[15]. Conservando il carattere di predicazione in funzione delle necessità delle Chiese a cui si sono rivolti, gli evangelisti hanno sempre narrato cose vere e sincere.

  • La Chiesa, fin dai tempi apostolici[16] e poi costantemente nella sua Tradizione ha sempre messo in luce l’unità del piano divino nei due Testamenti, leggendo gli eventi dell’Antico Testamento in chiave allegorica, cioè profetica e prefigurativa rispetto al loro adempimento nel Nuovo Testamento. Questa lettura è detta tipologia (dal greco “τυπος”, “typos”, cioè “figura” sottinteso “di Cristo”).
  • I Cristiani leggono l’Antico Testamento alla luce di Cristo morto e risorto. La lettura tipologica rivela la vera ricchezza dell’Antico Testamento ed il suo significato autentico. Tuttavia, anche il Nuovo Testamento deve essere letto alla luce dell’Antico, secondo un antico detto: “il Nuovo è nascosto nell’Antico, l’Antico è svelato nel Nuovo[17].
  • La tipologia esprime il dinamismo verso il compimento del piano divino in Cielo. La vocazione dei patriarchi, ad esempio, conserva il suo valore proprio nel piano divino, pur essendo allo stesso tempo tappa intermedia del progetto della salvezza e prefigurazione della salvezza autentica operata da Cristo.

  • È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Scrittura, lo studio della quale deve essere “l’anima della sacra teologia”, il nutrimento della catechesi, della predicazione pastorale e dell’istruzione cristiana. La Chiesa esorta con forza i fedeli all’assidua frequentazione delle Scritture. Secondo il detto di S. Girolamo: “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo[18].

[1]Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita” 1 Gv 1-3.

[2] La assoluta incomunicabilità di Dio è uno dei capisaldi dell’Arianesimo che, proprio a partire da questo principio, traeva la conclusione che Dio non potesse essersi fatto uomo ed attribuiva a Gesù una sostanza diversa da quella del Padre.

[3] S. BERNARDO DI CHIARAVALLE, Homilia super “Missus est”, IV, 11.

[4] “[Dio] ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita” (2 Cor 3, 6).

[5] S. TOMMASO D’AQUINO, Expositio in Psalmos, XXI, 11: Opera omnia, v. 18.

[6]Sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta” (S. ILARIO DI POITIERS, Liber ad Costantium Imperatorem, IX; S. GIROLAMO, Commentarium in epistulam ad Galatas, I, 1, 11-12).

[7] “Tutte queste cose sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo!” (2 Col, 17).

[8]Littera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quo tendas anagogia” (AGOSTINO DI DACIA, Rotulus pugillaris, I).

[9]Ego vero Evangelio non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret auctoritas” (S. AGOSTINO, Contra epistulam Manichaei quam vocant fundamenti, V, 6).

[10] Il principio di Sola Scriptura è uno dei cinque “Sola” del Luteranesimo; gli altri quattro sono: sola fide, sola gratia, solus Christus, soli Deo gloria. Il principio di sola Scriptura, consiste nel rifiuto della necessità dell’autorità donata dallo Spirito Santo alla Chiesa nell’interpretare la Bibbia. In questo senso ogni fedele è libero di interpretare il testo come crede poiché lo Spirito Santo suggerisce a ciascun individuo, disposto ad ascoltarLo, la corretta interpretazione della Scrittura. Mancando il discernimento dell’autorità della Chiesa, l’eresia di sola Scriptura ha portato al frazionamento del protestantesimo in decine di migliaia di differenti denominazioni cristiane. Si stima che nel mondo vi siano tra le 30.000 e le 40.000 denominazioni diverse.

[11] La Chiesa segue per il canone dei libri dell’Antico Testamento la Bibbia detta dei LXX, cioè la versione antica della Bibbia in greco. La Bibbia dei LXX fu prodotta dagli ebrei ad Alessandria su ordine di Tolomeo II (285-246 a.C.). Un’antica storia, probabilmente leggendaria, narrata nella Lettera di Aristea a Filocrate, dice che essa fu prodotta da settantadue saggi ebrei i quali tradussero la Bibbia ebraica su ordine di Tolomeo, senza potersi consultare tra loro. Alla fine realizzarono tutti il medesimo testo, a testimonianza dell’intervento divino durante l’opera di traduzione. Indipendentemente dalla veridicità di questo evento, è importante notare che oltre l’85% delle citazioni presenti nel Nuovo Testamento provengono da questa versione dell’Antico Testamento. La Bibbia degli ebrei e dei protestanti ha 7 libri in meno nell’AT rispetto alla versione greca dei LXX. Loro rifiutano i libri così detti “deutero canonici”, cioè: Giuditta; Tobia; Maccabei 1 e 2; Sapienza; Siracide; Baruc; e parte del libro del profeta Daniele. In molti, protestanti ed anche Cattolici, argomentano che Gesù avesse usato solamente la versione ebraica (corrispondente a quella dei protestanti) dell’AT. Dal mio punto di vista, se questo fosse vero, non si vede perché gli autori del Nuovo Testamento, che sono stati a contatto diretto con Gesù, abbiano creduto opportuno, per motivi solamente pastorali (l’uso del greco) accettare di utilizzare per più dell’85% delle loro citazioni un testo che conteneva ben 7 libri in più rispetto a quello utilizzato dal Figlio di Dio, assumendosi quindi il rischio di citare un canone o una traduzione sbagliati. In ogni caso, noi accettiamo il Canone Biblico sulla base dell’autorità della Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo. Quella stessa Chiesa che ha prodotto il Nuovo Testamento (che ai tempi delle prime comunità non esisteva ancora), e che ha potuto stabilire con autorità quali fossero i Vangeli o le lettere ispirati divinamente, da collocare nel NT, fra le varie opere in circolazione, ha stabilito anche il canone dell’AT. Non ha senso dubitare dell’autorità della Chiesa per quanto concerne la determinazione del Canone dell’AT e poi non dubitare del canone del NT.

[12] “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.” (Mt 5, 17); “Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima; ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire” (Eb 8, 13).

[13] Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 15.

[14] Il marcionismo, la cui influenza si riscontra ampiamente anche nel modernismo, consiste principalmente nel credere che l’Antico e il Nuovo Testamento siano stati prodotti da due principi contrapposti: l’Antico procede dal Dio della giustizia, Creatore di questo mondo, il Nuovo dal Dio dell’amore e della misericordia che ebbe pietà degli esseri umani tenuti prigionieri sotto il giogo del primo Dio.

[15] “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Gv 21, 25).

[16] Cfr. 1 Cor 10, 6; Eb 10, 1; 1 Pt 3, 21.

[17] «Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet» (S. AGOSTINO, Quaestiones in Heptateucum, II, 73).

[18] S. GIROLAMO, Commentarii in Isaiam, Prologus.

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